L'art. 32. della nostra Costituzione stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. La tutela della salute ha, dunque, un fondamento costituzionale e una doppia natura: riguarda ciascuno di noi e riguarda tutti; è un bene pubblico.
La recente esperienza della pandemia ha messo in evidenza, anche drammaticamente, nodi irrisolti che dovranno essere oggetto – a livello nazionale come a livello locale – di un'azione politica più consapevole e innovativa.
La carenza degli organici nelle professioni sanitarie, causa e, nello stesso tempo, conseguenza di una crescente fatica del personale a tutti i livelli; una pressione crescente sulle strutture, dovuta anche all'invecchiamento della popolazione e alle connesse patologie croniche o degenerative; una medicina di territorio che è stata oggetto di azioni compensative più che di logiche di prossimità e di una programmazione attenta; una relazione non sempre equilibrata tra pubblico e privato: uno spostamento non solo fisiologico tra regioni alla ricerca di servizi di eccellenza, ma anche di risposte più rapide.
Anche in questo caso non avrebbe molto senso andare a caccia di qualche colpevole: se è pur vero che molte delle attuali situazioni di criticità hanno responsabilità riconoscibili, e un quadro diversificato anche a livello regionale, quello che ci deve interessare non può che essere un impegno severo ed esigente di rifondazione del sistema sanitario.
D'altra parte, crediamo che sarebbe un errore mantenere le politiche per la salute esclusivamente su un piano tecnicista e specialistico, oltre che organizzativo.
La medicina, e le politiche che la riguardano, devono recuperare una dimensione sociale e personale, che è fatta di molte dimensioni troppo spesso lasciate in secondo piano: la prevenzione; l'educazione alla salute; la cultura del dolore (e il diritto alla qualità della sofferenza); la centralità della persona che soffre, se è vero, come profondamente crediamo, che la cura non può essere separata dal modo in cui una persona vive la propria malattia.